ordinary day
Cerchiamo di preservare noi stessi, nella
vita intendo.
Cerchiamo un modo di stare al mondo. Che
non deve essere giusto per forza ma solo un modo. Un modo nostro, che ci faccia
stare bene, superare le giornate di pioggia e di vento, per farci piegare
seguendo il naturale scorrere degli eventi ma che non ci spezzi.
Ogni tanto ci riusciamo. Ogni tanto no.
Ogni tanto facciamo fatica, ogni tanto
no.
E certe
volte vorremo solo essere abbracciati, e che ci venga detto che non c’è alcun
motivo per avere paura.
Ogni tanto
succede che per quanto noi cerchiamo di tenere in equilibrio le cose, queste
cadano per terra e si rompano. Accade che fanno un grosso rumore, di vetro
rotto, di cose che non si incolleranno mai più.
Quando
accade, recuperare è quasi impossibile. Quando accade l’unica cosa da fare è
spazzare via tutto e buttare via, in un cestino.
E non è
nemmeno colpa nostra, il più delle volte. Forse l’unica colpa che abbiamo è
quella di averci creduto fin troppo, di aver trattenuto il respiro per così
tanto tempo, per pura che tutto cadesse molto prima.
E poi,
vi chiederete, che si fa, quando è tutto per terra?
Quando
non c’è più niente da raccogliere, quando il risentimento fa rima con rancore?
Quando si è così stanchi e delusi che non c’è posto nemmeno più per la paura?
Allora,
in quel caso, ritrovarsi soli dentro una stanza buia, che effetto fa, se non c’è
nemmeno l’angoscia a tenervi compagnia? Quella sana paura che serve a noi
esseri umani per percepire il pericolo e scappare?
Che ci
serve per sopravvivere?
Forse
non succede proprio nulla.
Ci sediamo sul pavimento e aspettiamo che qualcuno ci tenga una mano fidata e
ci aiuti ad alzarci, e se non accade mai, rischiamo di rimanere imprigionati
dentro di noi per mesi se non anni.
Ma se
all’improvviso riusciamo a respirare, se all’improvviso qualcosa ci scuote e
riusciamo a risalire a riva, a respirare quella consapevolezza che ci rende
liberi, forse allora capiremo che l’unico modo per sopravvivere, è lasciare
andare.
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