Otto marzo. Festa della donna.

Girandola di auguri, mimose e cioccolatini riciclati da S. Valentino.
Tante belle parole sulle donne, su quanto siano importanti e preziose e bla bla bla, cliché che non moriranno mai e che trovi dappertutto come il prezzemolo.
Ma dico io, lo sapete voi perché c’è questa festa? Perché ‘la donna’ viene festeggiata?!

Forse non ci rendiamo conto, oppure siamo troppo presi a correre dietro a questi nostri tempi moderni per fermarci a pensare che sono dovute morire 129 donne bruciate vive e soffocate dal fumo perché si pensasse ad istituire una giornata in ricordo della lotta e delle discriminazioni subite.
Era il 1908, a New York, una delle città più cosmopolite, giovani e permissive del mondo, ora.

Picchiate, violate, discriminate, allontanate, umiliate, seviziate, uccise.
Nel corso della storia alla donna è stato fatto di tutto, e tutt’ora sembra non ci possa essere pace.
Bambole di pezza in mano a bambini viziati e cattivi, questa è la metafora che ora mi viene in mente.

Quante sono le donne ogni anno vittime dei propri mariti, fidanzati gelosi, padri.
Quante donne in tutto il mondo sono costrette a fare sacrifici immani per crescere i propri figli, vivere in territori difficili, fare chilometri a piedi per prendere un secchio d’acqua per il villaggio.
Penso alle donne che mangiano polvere per coltivare un pugno di cereali e far mangiare i propri figli, a quelle che devono fare due o tre lavori per sopravvivere, a quelle che lasciano il proprio paese per venire in Italia a fare le badanti, ad accudire i nostri anziani mentre i loro figli ne soffrono la mancanza.
Penso a quelle che devono vendere tutto per sopravvivere, compreso il proprio corpo.
A quelle che vengono sfruttate sia nel corpo che nell’anima.
Trattate come se non fossero degne di essere considerate esseri viventi.

Io oggi voglio pensare a queste donne. Sperare che tutte le donne maltrattate, abusate, che devono lottare ogni singolo istante della loro esistenza, oggi possano avere un attimo di pace, piangere di gioia, liberarsi il cuore. Voglio dire grazie a tutte le donne che in silenzio fanno bello questo paese, a quelle che lottano a modo loro, nella loro quotidianità, nella loro fragilità, debolezza, ambizione, stupore.
Grazie a tutte quelle che lottano ogni giorno per essere come sono, per fare la spesa, per portare i bambini a scuola, per preparare il pranzo, per sopportare il proprio marito, per farci l’amore e per non dire nulla. Per lasciar correre, per sopportare.

Grazie a tutte quelle donne che non si arrendono, a quelle che piangono e si rialzano. A quelle che sperano, sognano e ridono.
Per tutte quelle donne che non vogliono mettersi a dieta, che sono irascibili, sempre nervose, invidiose, acide e superficiali.
Voglio dire grazie a tutte le donne del mondo. A tutte le donne di cui non conoscerò mai la storia, il colore della pelle e l’intensità dello sguardo.
Grazie a tutte voi. Queste sono le donne che voglio riconoscere come tali, perché essere donna non è facile. Non è solo un titolo, una cosa dovuta. Ci vuole coraggio per essere donna, questo insegnerei alle ragazzine d’oggi. Alle donne di domani.

Le donne non sono quelle con le gonne troppo corte che ballano su cubi di plastica nelle discoteche, non sono quelle che si fanno strada in televisione come bisce sinuose. Non sono quelle che passano le proprie giornate a truccarsi, dal parrucchiere, a farsi le unghie e a comprare tacchi vertiginosi.
Queste non sono le donne che io voglio ricordare, né oggi né mai.
Perché sembra che la nuova violenza sia mercificare la donna, renderla inutile, come la panna sul caffè. Buona ma non necessaria.
E allora via al lifting, al botox, filler, acido ialuronico, reggiseni push up, liposuzioni, plastiche al seno. Togli di qua aggiungi di là.
Nemmeno la Barbie vantava tanta plastica e silicone quanto certe donne che girano per strada oggi giorno.
Io non voglio far passare questo messaggio. Non voglio legalizzare le belle statuine che sorridono in tv davanti ai flash di fotografi impazziti; non tollero quelle che non sanno parlare che di cose superficiali.
Quelle non sono donne, sono solo prodotti televisivi di questa nostra cultura povera e ignorante.
Non voglio fare la femminista, no. Non lo sono.
Questa cultura povera di principi non è fatta solo da uomini ma anche da quelle donne che appoggiano questa politica d’azione. Quelle che fanno crescere i figli nel lusso dell’essere viziati. Quelle che non sanno cosa significa fare i sacrifici, le cacciatrici di imprenditori e uomini facoltosi per sistemarsi una volta per tutte e pensare solo a cosa comprare per la prossima collezione primavera/estate.

Delle donne, quelle vere, fatte e finite, bisognerebbe pensarci ogni giorno. Non solo oggi; trovo sia maledettamente triste e riduttivo.
Ecco perché, per tutto quello che regalano ogni giorno al mondo, solo per questo sarebbe doveroso esserne profondamente riconoscenti.


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