War



Viviamo in mezzo alle persone per mesi, anni.
Giorni tutti uguali, passati distrattamente, tra pensieri ricorrenti e problemi reali. Ci affanniamo alla ricerca di qualcosa di etereo e perfetto, convinti che così si possano curare i mali del mondo.
Convinti che così, la sopravvivenza sia più dolce.
Facciamo finta di non vedere l’orrore che c’è sotto al nostro naso.
Facciamo finta di non capire le dinamiche mondiali, economiche e politiche giustificando il nostro grado di cultura, attenzione e interesse. Dicendoci che non sono cose che ci riguardano.
Convinti, ancora una volta, che i problemi del mondo sono del mondo, appunto, e non nostri.
Guardiamo il tg, che ci mostra li scontri tra gli studenti e la polizia in piazza, di alcuni giorni fa.
Vediamo l’orrore, vediamo sangue, vediamo violenza. E che facciamo? Che diciamo?
Ci schieriamo da una parte o dall’altra, prendiamo le difese, diciamo che era giusto fare così. Condanniamo l’altro, lo buttiamo alla gogna, senza pensare che in fondo sono solo facce della stessa medaglia. Una medaglia fatta di paura, di un non futuro.
Giovani che manifestano perché credono che non abbia più senso studiare, che la loro vita sia già una condanna. Non c’è lavoro, non c’è sviluppo, non ci sono obbiettivi, non ci sono sogni. La violenza dilaga perché la voce è troppo fievole. Non arriva a spaccare i muri che la paura di perdere tutto ha creato.
La polizia si sfoga sugli studenti che protestano perché non sanno perché stanno lì, chi difendono, a chi sono d’aiuto. Non sanno se avranno lo stipendio a fine mese, non sanno se potranno dar da mangiare ai loro figli, ragazzi come quelli che hanno davanti. Non hanno macchine di servizio, si devono pagare la benzina. 
Qui siamo tutti arrabbiati. Ingiustizia, cattiveria, rabbia, disperazione.
Questi insieme fanno al guerra, una guerra che nasce dentro di noi, per il disperato tentativo di ribellarci ad un sistema più grande di noi, dai meccanismi subdoli che ci vengono celati. Ci viene lanciata la sabbia negli occhi, facendoci credere che sia colpa dello spread, delle banche…
Quando dobbiamo imparare ad aprire gli occhi e capire davvero quali sono i responsabili. Dinamiche più grandi del pensionato che non riesce ad arrivare a fine mese. Dell'impiegato che ha perso il lavoro, dello studente che non sa se mai troverà un lavoro.
Dinamiche più grandi di noi, ma dobbiamo capire d’essere in guerra. Questa è una guerra.  Guerra di menti, guerra d'anime.
Ficcatevelo in testa.
Non servono i missili di Gaza e i bambini innocenti morti per fare una guerra.
La disperazione e la violenza generano mostri interiori che crescono rapidamente. Quando le persone non hanno nulla da perdere diventano spietate e voraci. La rabbia cresce in loro perché è l’unica cosa che li fa sentire vivi.
Non arriviamo a questo.
Prendiamone coscienza prima e trasformiamo la paura in conoscenza, svegliamo le menti, uniamoci e ribelliamoci al sistema, sì. Ma in modo civile. Se ci crediamo, è possibile.


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