Oggi un uomo si è suicidato.
Sì è gettato sotto un treno in corsa, tra Trieste e Gorizia.
L’ho saputo dalla voce di una ragazza bionda e stizzita che chiamava a casa dicendo che tutti i treni erano bloccati perché ‘questo’ aveva deciso di buttarcisi sotto.
Ho provato un infinita tristezza. La cosa più triste è stata sentire la voce metallica degli altoparlanti della stazione dire che ‘Il treno numero qualcosa avrebbe subito un ritardo di 25’ per inconvenienti sulla linea’.

La morte di un uomo è un inconveniente.
Capisco che non si poteva annunciare il suicidio, capisco tutto, ma io personalmente l’ho trovato di una tristezza infinita.
Pensare al gesto estremo di quest’uomo al suo dolore, qualunque fosse, alla sua voglia ultima di rivendicazione del proprio io, l’atto estremo per dire “eccomi: io c’ero con tutto il mio dolore e rancore”, che diventa solo un inconveniente.

Mi ha fatto tristezza vedere le facce di tutti quelli che sapevano del suicidio, pensare solo che infondo gli conveniva prendere direttamente il treno dopo perché chissà questo quando sarebbe partito.
Mi hanno fatto tristezza gli sbuffi, l’insofferenza, il sapere che avrebbero ritardato per al cena, per la spesa, per qualsiasi cosa che andava irrimediabilmente a rovinare la loro immacolata quotidianità.
La morte non è stata contemplata. Forse sono stata l’unica che ha riflettuto un attimo e che sinceramente si è dispiaciuta per quest’uomo che chissà perché ha deciso per una fine così.

Credo che tra tutti i suicidi possibili, questo sia uno dei più cruenti e drammatici. Un paio di mattine fa, me ne stavo sul binario, in attesa che un treno merci passasse. L’ho visto arrivare da lontano, l’ho visto avvicinarsi, passarmi davanti ad una velocità inaudita, scompigliarmi i capelli e spaccarmi le orecchie per il frastuono e ho pensato che ci vuole una disperazione assurda che dia un calcio al tuo coraggio per farti finire lì, contro quel muso di ferro che ti spacca in mille pezzi, che ti lacera, che ti annulla.

Un brivido mi è percorso sulla schiena e non ci ho pensato più.
Non ho pensato più a come si possa fare, a quanto male si deve avere dentro per farlo, per sconvolgere la vita di chi ti ama, per annullare la tua, per lasciare indifferenti tutti quei pendolari che con la scusa di non conoscerti non perdono tempo a piangerti.

Abbiamo tutti bisogno di un Dio. Di sperare nel domani, di pensare che siamo vivi per qualcosa, per un disegno per un fine, uno scopo preciso.
Credo che quando tutto questo si spezza o si interrompe per colpa di quello che la vita ti porta a fare e a vedere, sia inevitabile perdere un pezzo di se stessi.
Pezzo dopo pezzo si rimane senza nulla tra le mani, vuoti, persi in chissà dove.

Io non so come ci si senta ad avere nulla. Ma credo che sia una sensazione terribile, credo che la vita davvero non abbia più peso.
Credo che il confine tra vivere e non vivere diventi sottile.
Forse è per questo che si desidera la morte.
Forse è per questo che si spera di incontrare presto quel Dio di cui si sente il bisogno.





Commenti

Unknown ha detto…
ciao. io ero su quel treno.
inizialmente non ho capito cosa stava succedendo perchè ero in coda, vedevo tutti i passeggeri davanti guardare incuriositi fuori dal finestrino così mi sono portata fino alle prime carrozze. è stato veramente strano mettere la testa fuori da quella finestra e vedere una persona stesa sui binari. la prima cosa che è pensato è stata di come un corpo morto sia completamente diverso da quello di una persona che dorme o è semplicemente distesa a terra. non so come ma lo intuisci che non si tratta di un manichino e nemmeno di una persona viva, è come vedere un sacco vuoto, completamente svuotato. la seconda cosa che ho pensato è stato che doveva essere una persona molto triste e con dei problemi per compiere un gesto del genere, ma poi ho visto il macchinista che doveva averlo investito. tremava e piangeva seduto su quelle fredde rotaie e in quel momento ho provato rabbia, rabbia per quella persona che aveva scelto di fuggire la vita distruggendo non solo quella dei suo famigliari e amici, ma anche l'esistenza di quel povero uovo che non aveva colpa e che ora sarà segnato per sempre. una persona che sceglie di rifiutare la vita (per quanto sia grande questo motivo) non fa del male a se stesso, ma a chi gli sta intorno. a volte bisogna avere coraggio per vivere....
non voglio fare polemiche, è solo un mio pensiero. in ogni caso vedere in faccia la morte da un treno che piano piano riprende la sua corsa fa molto riflettere, riflettere su come comunque la vita altrui continui a scorrere anche se lui non ce più.
Anna Piazza ha detto…
Ciao Indiana5
mi fa molto piacere leggere la tua testimonianza, e condivio gran parte delle cose che hai scritto.
Anche secondo me ci vuole coraggio per vivere, e nessun problema, abissale che sia, pesa quanto la vita.
Il problema è che certe volte le persone vengono oscurate da mali che insediano la loro mente e tutto all'improvviso diventa insormontabile e insignificante. Credo, dal mio punto di vista, che forse questa può essere una spiegazione. Io personalmente non riesco nemmeno a concepire l'idea di compiere un gesto così estremo, quindi le mie possono essere solo stupide ipotesi.
Immagino quello che puoi aver provato tu ad asserci su quel treno e a vedere lo shock del macchinista che l'aveva investito. Credo non sia facile per nessuno, e forse scegliere la morte come via di fuga da tutto, resta solo la scelta più sbaglaita da fare.

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