considerazioni personali in una sera di fine luglio

Giustizia.

Questo è un paese senza giustizia. Mangiato dalla corruzione, dall’inganno, dai misteri irrisolti che non troveranno mai luce.
Politica, mafia, omicidi, persone scomparse. E’ tutto un grande mistero. Pare la trama di un film. Uno di quei film che ogni tanto vedi in tv, sul divano di casa.

E invece no. Tutto fottutamente vero.

Qui le ragazze uccidono i propri figli buttandoli nei cassonetti. Qui gli uomini accoltellano le proprie donne per gelosia. Qui scoppiano le bombe davanti alle scuole. Qui passano vent’anni e i colpevoli delle stragi di mafia sono ancora a piede libero. In qualche bar, chissà, a farsi una birra.
Qui non c’è lavoro, né per giovani, né per vecchi.
Qui si cerca il cibo tra i rifiuti, si controlla il prezzo del pane prima di fare la spesa. Non si arrotonda per eccesso o per difetto, anche il centesimo ha il suo valore, perché con 50,00 € una famiglia non mangia. Qui si compra la pasta e si lascia la carne.

Lo spread vola alto e a noi, a noi raccontano solo stronzate. «Usciremo dalla crisi, l’Italia può farcela, l’euro è irreversibile… » e bla, bla bla. Cambiano le facce, cambiano le espressioni, ma le parole e i sorrisi di plastica, sono sempre gli stessi.

Intanto tu paga l’IMU, le bollette, la benzina che cresce, cresce, cresce, ma che ti serve perché devi andare a lavorare per quei quattro soldi che ti danno. Devi comprare da mangiare, devi vestire i tuoi bambini, sempre con quell’euro che per voi sarà anche irreversibile, ma che nei nostri, di portafogli, scompare come un miraggio. Neve al sole.

Puff.

Qui non si può sognare. Qui non si possono coltivare passioni e talento. Qui non c’è tempo per pensare, perché pensare è un lusso che si può permettere solo chi ha tempo per farlo.

Qui non c’è tempo. Non c’è tempo per l’amore, non c’è tempo per vivere.
Qui è tutto di cartone.
Faccio fatica, lo sapete? Io faccio una fatica immensa a fare quello che faccio, tanto è che ho anche pensato
di mollare tutto. Di non scrivere più. Perché nessuno ti dà spazio, nessuno ti dà considerazione. Nessuno ti ascolta. Come si fa a scrivere per gli altri se gli altri non ti ascoltano? Non ti leggono, non ti prendono in considerazione?
Come faccio io a scrivere un libro e a sperare che qualcuno mi legga se nemmeno ai miei amici importa davvero quello che faccio?

Ho capito che per fare questo mestiere, servono soldi e qualcuno che ti aiuti. Qualcuno che scuota gli Olimpi e che ti metta sotto quell’algida luce dei riflettori per quel poco tempo che basta per farti vedere.
Ho capito che non è poi così importante che tu sappia fare quello che fai, bene. Almeno non qui. Basta che tu abbia qualcuno che ti dia un calcio nel di dietro. Quello serve.
Serve essere grandi, importanti, con i soldi, con l’orgoglio traboccante. Sennò le porte ti si chiudono, nessuno ‘parla’ di te.
Di scrittura non si vive, anche sa hai tutta la passione del mondo. Quella passione che devi lasciar libera, quando te lo chiede, che devi far correre, far mangiare, giocare.
Come un bambino con le tasche piene di biglie, pronto per buttarle nella sabbia, per inventarsi storie, personaggi. Per aprire le porte della sua fantasia.
Anche se hai quella passione lì, che ti pulsa nelle vene, che ti fa perfino piangere, non mangiare, non dormire la notte. Quella che ti sfinisce. Che ti fa crollare esausto.

Qui non interessa a nessuno. Puoi frignare quanto vuoi. Nemmeno «arrangiati» ti dicono. Ti lasciano lì, nel tuo angolo, da solo come ci eri arrivato e se ne vanno.

Forse non ho quello che chiamano talento. Forse in un mondo in cui tutti vogliono primeggiare, arrivare, salire su di un podio, non importa quale, basta che ce ne sia uno, io non ne sono all’altezza. Forse ho pensato di esserlo, per un breve istante della mia vita, ho sognato di diventare una scrittrice per davvero. Ho sognato di poter fare quello che credevo di sapere fare.

Scrivere.

Io senza le parole non sono niente. Dico davvero. Non so fare il cappuccino, non so contare i soldi, non so piegare le camicie. Mai stata brava nei lavori manuali. Mi arrangio ma non eccello. Forse è così anche per la scrittura, senza un talento particolare, è così che li chiamano.

Non sono abbastanza per pretendere che il mio libro arrivi da qualche parte.
Io che non voglio fama, non voglio successo, ma essere letta, arrivare al cuore della gente, parlarci, portarlo nelle città. Fare conoscere ai più queste mie parole, questo vorrei.

Sono stanca, e con l’amaro in bocca vi dico che non ho tutta questa forza per chiedere una possibilità. Anche se sono dell’idea che la passione, una possibilità, dovrebbe avercela sempre, io non chiedo più niente a nessuno, perché non è cosa da me. Perché sono stufa di dire chi sono e cosa faccio. Sono stufa di non ricevere risposte, ignorando ogni minima ed elementare forma di educazione. Sono stufa di rimanere ore a sperare che accada qualcosa che non accadrà mai.
Stufa di aspettare che una mia azione porti conseguenze. La fisica con me non funzione. Azione/reazione, per me è sempre stata una barzelletta.
Non è il momento, mi dico, e forse dovrei solo deporre le armi, farmene una ragione, prendere un aereo e andarmene da qualche parte.

Andarmene a cercare quel tempo che qui, tanto ci manca.



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