C’è infelicità negli occhi delle persone che incontro, nei miei, di occhi poi, ce ne è così tanta. Mi dici perché? Me la dici qual è la ragione di quest’esistenza? Di questo fiume di dolore e sassi? Sono noiosa e ripetitiva, lo so. Ti chiedo cose che nemmeno tu conosci. Ho troppe pretese, le ho sempre avute. Sento di essermi persa, naufraga in un mare straniero. Sento che la vita ha preso le distanze dal calore del mio corpo, sento che qualcosa mi ha abbandonata, come la mano di tua madre dopo una carezza prima del sonno, quando sei bambino.
Quella voglia lì, che prima avevo, ora non c’è più. Nel mio cuore c’è l’autunno, quello senza colori né speranze. Fatto di pioggia fredda e vento, fatto di malinconie improvvise e solitudine al cuore. Che mi succede? Perché? Non mi so rispondere, non mi so dar pace. Non trovo esistano parole per spiegare un sentimento sconosciuto. Qualcosa che ti mangia l’intraprendenza, il dolore. Avere sempre paura che accada qualcosa che tanto tu non potrai controllare. Quanto vorrei tornare indietro nel tempo di un’estate; quando ero spensierata e lasciavo i capelli annusare l’aria. Quando la mia unica pretesa era una giornata di sole, un gelato. Una risata al tramonto, gli amici di sempre, una nuova emozione anche se piccola, piccola.
Quello che vorrei adesso è di gran lunga più grande e difficile da raggiungere.
Quando la vita ti mette alla prova, ti fa posizionare sulla riga gialla e ti dice di prepararti a partire, alza il braccio e fa partire il colpo, il segnale di partenza, tu ti metti a correre. Corri, corri e corri ancora senza pensare, senza sognare senza lacrime. Corri solamente perché te lo dice lei, quella stronza che ha urlato alla partenza. Il traguardo però non lo vedi, anche se lo vorresti con tutta te stessa. Allora ti chiedi se ci sia davvero, rallenti il passo prendi fiato, ti porti le mani alle ginocchia, ti pieghi. Ti fermi.
Ti guardi attorno ed è notte, nessuno c’è lì con te. Nulla si muove, senti solo il tuo cuore impazzito che ti chiede di rimanere fermo. Solo in mezzo al buio. Ecco così mi sento; nel buio oscuro e impenetrabile, anima ferita, graffiata.
Stanca di lottare contro il buio che c’è qui, dentro di me. Stanca di sperare che qualcosa succeda. Stanca di credere che la vita mi possa regalare quello che desidero. Dicono che è meglio non avere prospettive troppo elevate, non desiderare con troppa forza per rimanere sbalorditi quando accade e non perdere troppo tempo nel desiderare.
E quante volte lo facciamo? Desideriamo una macchina più bella, un figlio, un uomo, un cane color caffelatte con le orecchie lunghe, un budino al cioccolato, un lavoro, soldi, più soldi, le patatine fritte, una casa, riabbracciare qualcuno che non c’è più, un paio di scarpe nuove, una voce migliore, più autostima, un asilo più bello dove mettere nostro figlio, un giardino in fiore, un computer, un cellulare di ultima generazione, imparare una lingua nuova, essere cosmopoliti, partire per un lungo viaggio e non tornare più con la scusa di voler ritrovare noi stessi.
È impossibile non desiderare, fa parte di noi. Rimanere fermi nell’attesa del desiderio, questo non deve succedere. Da questo dobbiamo rifuggire anche se è comodo, anche se rincuora, anche se sarebbe bello.
Si lo so, è difficile. Dannatamente difficile, la forza è dentro di noi, ti direbbe uno di quei studiosi di psicologia che ti dicono di bere tè verde perché è antiossidante. Ma come si fa a trovarla la forza per reagire quando non vedi nessuna corda a cui attaccarti? Come si fa ad uscire da un buco nero se tu per prima non riesci a veder e un minimo di luce? Come si fa a camminare se la direzione non c’è più? Se la voglia non c’è più? Se non c’è motivazione? Volontà? Coraggio?
Sopravvivo a me stessa, e non lo dico, non lo voglio ammettere. Non vorrei essere triste, vorrei ritrovare il gusto di sorridere delle piccole cose, vorrei che nel mio cuore ci entrasse un cucchiaino di rosa e di giallo, belli liquidi, vorrei mischiarli assieme. Vorrei che mi colorassero l’anima. Che il grigio fumo non ci fosse più. Vorrei che per una volta accadesse il miracolo, vorrei che la volontà e la motivazione insieme al coraggio bussassero alla mia porta, vorrei farli entrare per un caffè e quattro chiacchiere.
Vorrei che mi saltassero dentro l’anima e mi dicessero di andare a prendermi quello che voglio davvero. Perché non devo più avere paura di parlare. Non devo più avere paura di quello che succederà, non devo più impormi di non desiderare che accada perché se ci credo ancora magari non è tutto perso.
Nessuno ha detto che sarebbe stato facile. Adesso l’ho capito anche io.

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